8 –
IL PATTO DEI DEMONI
"In terra straniera maledirai gli specchi, ti ricorderanno per cosa combatti"
dalla Canzone "La lacrima del fante"
La
luce delicata del sole mattutino entrava da una finestra, bussando sugli occhi di Amanda De'Zaffiri. La Maestra si risvegliò dolcemente distesa su
di un comodo letto, in una camera finemente arredata. Non ricordava
cosa avesse da poco sognato, poiché nella sua mente riaffioravano pian piano, e con ben più forza, i ricordi dell'incubo vissuto nella foresta
delle Alte Piane, della orrenda bestia giunta all'alba, della morte
crudele della druida Brionia ed infine dell'incantesimo con cui
Astolfo Bramante le aveva fatto perdere i sensi, dopo averla chiamata “sorella demone”.
Facendo
leva sulla volontà di scoprire dove fosse, Amanda si alzò
lentamente controllando la porta, che risultò chiusa a chiave. Su
di un tavolo trovò dell'acqua e dell'uva, ma della sua preziosa
borsa non vi era alcuna traccia. Giunta alla finestra, scoprì di
essere in un enorme casale, e troppo in alto per lanciarsi. Di
fronte a lei una distesa interminabile di campi, spogli come
l'autunno che stava avanzando, come il suo animo provato da una notte
tanto assurda quanto dolorosa. Era da molti anni che non si sentiva
così sola come un demone.
In
tarda mattinata Amanda aveva ritrovato gran parte della sua determinazione quando Astolfo venne a farle visita.
“Una
persona tanto energica come voi non poteva che essere già sveglia.
Buongiorno Maestra!” le disse con i soliti modi affabili colui che
la teneva in gabbia con l'inganno. Notando il sopracciglio di lei alzato
per il disappunto, Astolfo cercò di spiegare: “Eravamo tutti
troppo scossi per approntare una discussione su come e dove
continuare a parlare. I miei uomini mi aspettavano poco lontano nella
foresta, e sono certo che la Guardiaboschi non vi avrebbe lasciata
venire scoprendo la mia piccola menzogna”.
“Irina
dov'è adesso?” chiese la Maestra, pensando che fosse una testimone
troppo scomoda per essere stata risparmiata.
“È
qui nella mia dimora. - disse Astolfo
sorprendendola - Voi avete dormito per due giorni interi, quindi
suppongo che anche lei sia tornata in sé solo da poche ore”.
Un
lungo silenzio annunziò la fine dei convenevoli e il passaggio a
temi più importanti. “Bene, – disse Astolfo - mi preme
cominciare la nostra chiacchierata promettendovi che il vostro
segreto rimarrà tale, se avrete cura di preservare il mio, sorella”.
Amanda
notò con enorme fastidio come l'uomo avesse ancora indicato l'appartenenza
alla stessa razza attraverso il vincolo di “fratellanza”. Lo riteneva non solo inusuale, ma anche e soprattutto inopportuno. Nelle terre emerse di Edreia erano detti "demoni gentili" gli esseri provenienti dal Piano delle Fiamme che abbandonavano qualsiasi legame con i propri simili, per unirsi ad
altre comunità di cui prendevano, nel corso degli anni, l'aspetto e i tratti
tipici. Amanda non sapeva se tale distanza dalla propria specie nascesse dal bisogno di sorpassare il proprio passato brutale di divoratori di anime e
viscere. Si trattava in ogni caso di una vita lasciata alle spalle, sorpassata da una nuova e diversa quotidianità, che
presupponeva grandi sfide come quella di celare la propria identità
al passare delle generazioni. Tranne i più fortunati che
si univano agli eterni e simili elfi o ai folletti, infatti, per gli altri
significava riscoprire la propria solitudine ad ogni cambio di
generazione. Anche per questo motivo la sua attuale vita da
alchimista, spesso vincolata alle quattro mura di un laboratorio, le
era sembrata una strada più agevole per mascherare la sua eterna
giovinezza.
“Non
chiamatemi sorella, e ridatemi la mia borsa, ho molto di cui parlare
alla mia Gilda” disse in maniera decisa.
“Vedo che avete accolto ben volentieri la rinomata fretta umana, dentro di voi. - disse cordiale Astolfo - Ma se non vi va di discutere da demone a
demone quali siamo, e che nessun camuffamento potrà mai eliminare,
almeno dovremmo parlare da Alchimista ad Alchimista, o se preferite
da Maestro a Maestro”.
Amanda
rifletté su quelle parole, quindi scosse la testa: “Vi potete
scordare che tratti di quel particolare Fiore dell'Alba fuori dalle
mura del Palazzo Biancofiore!”.
Astolfo
rise di cuore: “Il vostro caratterino mi ricorda con troppa
gioia quello della mia defunta e amata consorte. Ma ciò non cambia
il fatto che al momento il Fiore sia in mio possesso, e che proporvi
di analizzarlo insieme sia un segno di grande rispetto per la vostra
conoscenza”.
“Voi
osate parlarmi di rispetto? - disse la Maestra indispettita – Voi
nascondete con affabili parole le vostre meschine macchinazioni!
Avevate già previsto tutto, probabilmente dalla vostra segnalazione
della Pianta dell'Alba alla nostra Gilda! L'unica cosa che non
avevate previsto è che questo fiore fosse impregnato di morte,
invece che di vita. È per questo che vi servo, poiché non avete il
coraggio di affrontare qualcosa che non sapete dominare!”.
Astolfo
non sembrò turbato dai toni della Maestra, e rispose con calma: “C'è
del vero, lo ammetto. Ma nei miei piani c'era anche quello di
incontrarvi. Non sono molti i demoni che si celano, sebbene le loro
grandi conoscenze, tra i dignitari di Gilda. Troppo alte le
attenzioni derivate dalla propria carica, troppo vicina la Gilda dei
Maghi che in gran segreto sigilla ed incarcera i nostri simili, per
estorcere con le catene dei riti esoterici il più potente dei patti a noi concessi. Un Maestro
demone ha l'obbligo di non dare nell'occhio, di non utilizzare mai i
propri poteri che potrebbero riportare a galla l'aspetto primordiale,
di sparire infine in breve tempo e in modo insospettabile quanto definitivo. Il
fatto che, nella stessa Gilda ove ho insegnato per decine di anni, vi
fosse una graziosa Maestra venuta dal nulla e che sembrasse molto più
giovane della sua reale età, mi aveva fatto sperare in una compagna
di più lunga durata rispetto al semplice ritrovamento di un
componente alchemico”.
“I
vostri inganni e le vostre menzogne con me non hanno effetto! -
Amanda era furiosa – Ancora giri di parole per giustificare la
vostra semplice curiosità per qualcuno che vi ricorda voi stesso!
Siete relegato al vostro esilio per aver cercato di mantenere questa
vostra identità troppo a lungo. La frottola dell'elisir d'eterna
giovinezza può funzionare solo nelle contrade più ignoranti come
questa in cui vivete, e sapete che perfino qui non riuscirete a
sostenerla all'infinito!”.
“Come
ogni demone che si rispetti, siete colma di essenza negativa, e
questo vi fa onore. E avete ragione da vendere. Già questo
affare ha portato le attenzioni di Palazzo Biancofiore qui, presso il mio umile rifugio”. La Maestra lo stava guardando dubbiosa. “Questa
mattina si è presentato un Maestro della Gilda dei Bardi, chiedendo
di voi. Come hanno fatto a trovarvi? Semplice, non molti sanno, se
non i grandi dignitari, che le pergamene che attestano l'appartenenza dei Maestri alle Gilde è intrisa dell'essenza del propri possessori, grazie ad un
rituale effettuato dai maghi che possono quindi ritrovare chiunque e
in qualsiasi momento. Conoscendo ciò, avevo due modi per nascondervi: distruggere la vostra pergamena o togliervi la vita, lì in
foresta. Ma ciò che io chiedo non è derubare le Gilde, ma è
collaborare con esse poiché, se io posseggo parte della pozione che
vorrei creare, loro possono sapere dove può trovarsi l'altra
parte, che non sarà più la piuma della fenice, ma io suppongo possa essere il
cuore avvizzito di un vampiro. Vi propongo quindi un patto, riportarmi un cuore del potente non-morto, mentre io preserverò il Fiore fino al vostro ritorno.
Faremo infine un calderone dove cercheremo di estrarre due o tre
pozioni, una delle quali sarà per me... e il vostro segreto sarà
per sempre custodito”.
Amanda
considerò con estrema attenzione la proposta del demone di fronte a
lei. Il cuore di vampiro era uno dei più potenti componenti della
Stregoneria Verde, quella che si dedicava principalmente ai veleni e
ai loro antidoti. La mistura che si sarebbe potuta creare con tali
ingredienti proposti, considerando il particolare Fiore dell'Alba che
aveva colto, avrebbe potuto avere degli effetti portentosi mai
riscontrati prima. Ma l'offerta di Astolfo presupponeva che il Fiore
fosse suo, cosa quantomeno provocatoria per chi avesse conosciuto come
ne fosse entrato in possesso. Dopotutto, però, la richiesta non era
così pretenziosa e assurda, e riprendeva quella fatta inizialmente
tramite il Barone, suo figlio, che inizialmente sarebbe stata impossibile data la
natura della piume di fenice. Da quest'ultimo ingrediente poteva infatti prodursi una sola pozione, mentre era vero che dal cuore, con
opportuno e particolarissimo procedimento con il calderone, più
prodotti alchemici sarebbero stati disponibili per coloro che
avessero contribuito alla creazione. Infine non era ancora pronta a lasciare la sua Gilda, qualora la sua natura fosse stata scoperta.
Amanda
annuì dicendo con voce seria quanto determinata: “Accetto il patto”.
Nella
natura di un demone vi era quella di rispettare sempre i propri
patti, ma Amanda decise di rimanere comunque sempre guardinga per
tutto ciò che riguardava Astolfo.
***
Cantastorie,
saltimbanco, cantore, poeta, pittore, attore, musicista, perfino
storico affidabile, il bardo della Gilda poteva essere questo o altro
ancora, ma ciò di cui più si fregiava era la propria condizione di “uomo più libero del Tacco”. I
Maestri di questa particolare Gilda, inoltre, erano scelti in base
alla propria fama più che alle proprie capacità, cosa che
indispettiva ancor di più coloro che nelle altre professioni passavano
tutta una vita di studio o allenamento prima di un riconoscimento formale. E
sebbene l'arte bardica riuscisse nel Tacco a sprigionare straordinari poteri mentali, in molti etichettavano i membri della sua Gilda quali
folli o perditempo, imbonitori delle folle e lacchè dei potenti. La
Guardiaboschi Irina Sasso era una di questi, e sebbene amasse le
storie raccontate nella notte di fronte ad un fuoco, mal sopportava
chi viveva nell'ozio con la scusa della propria stravaganza.
Quando
Irina si era svegliata ed aveva ritrovato il proprio lutto per la
perdita dell'amica druida, era stata invitata da una serva ad
attendere Amanda nel salone del piano basso del casale. Nell'ampia
stanza dominata da un grande camino, aveva incontrato il giovane
Maestro Fischietto, bardo vestito di colori sgargianti e dalla lunga
feluca gialla. Quando il Maestro si presentò con frasi articolate e
le chiese di tutte le vicende vissute durante la missione di ricerca
del Fiore dell'Alba, Irina si domandò ironicamente se l'incubo di
quella notte non fosse ancora finito. Fischietto intanto prendeva
appunti su di una pergamena e rileggeva alcune parti del suo scritto ogni volta che
la Guardiaboschi prendeva un attimo di pausa nel difficile racconto
di una notte per lei così emotivamente intensa.
“Colpì
la fiera lo cor delle donzelle, del muto terror che avea come arazzo
tutte le stelle...”. A quelle leggiadre parole con cui il Maestro
descrisse quella visione tanto orribile quanto dolorosa nei suoi ricordi, Irina sbatté
con forza il proprio pungo sul lungo tavolo dove erano seduti, per
interrompere quella offensiva farsa.
“Basta!
- disse con rabbia – se vorrete sapere altro lo chiederete
direttamente alla Maestra De'Zaffiri o al padrone di casa! Io con voi
ho concluso!” e chiuse le braccia rimanendo in silenzio.
Fischietto,
che era sì bardo, ma non era stolto, ripose penna e pergamena nella sua
borsa, aggiungendo: “Dovete scusare il mio interesse così
pronunciato, finora mi era sembrata una dolce avventura degna di una
lunga canzone da taverna, ma forse è come l'aria del mattino, ancora
troppo pungente per il forte gelo della notte”.
Poco
più tardi giunse nella sala Amanda, accompagnata da Astolfo
Bramante. Fischietto si presentò esibendosi in un largo inchino,
mentre Irina, che ancora non sapeva se ringraziare il padrone di
casa, cercò gli occhi della Maestra per assicurarsi che lei stesse
bene. Amanda ricambiò lo sguardo con un lieve sorriso, sollevata dal
fatto che la sua compagna di viaggio fosse ancora viva.
“Sono
lieto che le Gilde, che tutto sempre sanno poiché è giusto che sia
così, abbiano inviato un Maestro per accompagnare a Barium la
Maestra De'Zaffiri”, disse Astolfo.
“E
non solo! – aggiunse Fischietto con un sorriso – Sono qui anche
per capire, per approfondire, per sbirciare e per invitare”.
“Sbirciare
ed invitare?” chiese Astolfo dubbioso, ma
ricambiando il sorriso.
Fischietto
non esitò a spiegare le proprie parole: “Sono qui per sbirciare una residenza che merita maggior
rilievo sulle nostre mappe e nelle nostre attenzioni. Qualcuno
potrebbe perfino pensare che un vecchio Maestro in sonno avesse
qualcosa da celare per vivere sì lontano dagli occhi degli antichi
amici ed alleati. Ed inoltre ho anche l'ònere d'invitare vostra signoria al
cospetto della Gilda dei Maghi, che chiede formale incontro per
appurare questioni di cui al momento, e forse per fortuna, del tutto ignoro”.
“Ahahah!
– rise di gusto Astolfo, mentre Amanda ed Irina seguivano la
discussione, stupite – E cosa vi fa pensare che abbia intenzione
di seguirvi e di parlare in questi giorni con la Gilda dei Maghi?”.
“Non
si parla di attestare o meno una vostra intenzione – disse cordiale Fischietto – ma di
proposta ufficiale ed amichevole, che non prevede il rifiuto poiché
non v'è nulla di male in essa”.
“Forse
– rispose Astolfo - sarebbe stato più opportuno per voi usare dal
principio le vostre arti bardiche prima di farmi tale proposta,
poiché giungendo da un faticoso viaggio ho intenzione di
riposare, e a lungo, presso la mia dimora”.
“Avete
ragione, ma non sono così sprovveduto e soprattutto non avevo alcun
motivo d'offendervi ancor pria di avere la vostra così amabile
conoscenza. Nella mia speranza la vostra dimora sarà luogo di
lunghe chiacchierate ed esibizioni, se avrete la generosità
d'ospitarmi in altre occasioni. Ma per i maghi di Gilda, invece, le cose
sono tanto diverse da mandare, oltre la mia persona come
ambasciatore, anche una squadra di cinque esploratori, ben celati
alle vostre goffe guardie e che aspettano un mio segnale per entrare e
convincervi con altri metodi”.
Astolfo
si fece per un attimo serio, quindi parlò ancora sereno: “Mi
obbligate ad esser scortese e mancare della giusta cordialità che
meritano sì tanti esponenti dell'amato Palazzo Biancofiore. Ma spero
noterete come non userò alcun potere contro i miei ospiti,
poiché il mio è solo un rifiuto formale senza eccessiva
contestazione”.
“E
voi mi obbligate – concluse Fischietto - ad usare un pizzico del
mio potere per spronarvi a rivedere la vostra posizione e seguirmi
senza creare troppo trambusto in sì ameno riparo dagli affanni del
Tacco”.
Il
Maestro dei Bardi pose delicatamente due dita sui suoi denti ed emise un
fischio talmente forte e potente da rompere i vetri delle finestre ed obbligare Irina a porre le
proprie mani sulle orecchie, prima di abbassarsi per il dolore.
Amanda, protetta dall'arcana barriera che custodiva i membri adulti
della sua razza, provò solo un forte fastidio ma decise di simulare sofferenza e di
accovacciarsi a terra, rivolta comunque verso i presenti per capire come la questione si stesse sviluppando. Il Maestro dei Bardi intanto, seguendo con lo sguardo il suo
bersaglio, vide che questi era rimasto imperturbato dal suo attacco tanto da potersi girare sul posto e correre lesto verso i piani alti del casale.
Fischietto,
mentre dalle finestre del salone entravano tre furtivi armati di
stiletti, si lanciò all'inseguimento di Astolfo fino al secondo
piano e lo vide entrare dentro una stanza che scoprì essere il suo
laboratorio. Con gli esploratori già alle sue spalle, vide
l'ex-Maestro degli Alchimisti afferrare una borsa, alzare
un braccio mentre l'altro si poneva sul suo petto, e sparire magicamente dalla vista dei presenti. Conscio dei numerosi passaggi segreti di cui la dimora
poteva esser provvista, il Maestro dei Bardi decise di provare il
tutto per tutto, cominciando a fischiettare una soave melodia di
un'antica canzone di guerra, “L'ultima lacrima del fante”,
e riponendo nell'esecuzione tutte le proprie emozioni più struggenti
affinché, pian piano, si attivasse la sua Arte Eccelsa della
Catarsi. I furtivi si guardarono dapprima straniti, per poi
cominciare a lamentarsi per delle forti fitte sentite
all'altezza del proprio ventre. “I due furtivi - pensò Fischietto - non mi dimostreranno
gratitudine per l'esecuzione quando avrò concluso, ma almeno avremo
una certezza: o il Bramante tornerà presto visibile e
dolorante, e potremo prenderlo con le buone; ovvero costui è talmente
potente da resistere alla mia arte. Se questa fosse la verità, e l'uomo scappasse rapidamente e senza attaccare, così come aveva promesso, avrò di fatto
salvato la vita di tutti noi stolti, che stavamo cacciando una preda
più grossa della nostra stessa superbia”.
La
straziante esecuzione durò alcuni interminabili minuti, durante i quali nessun altro si era potuto avvicinare a quell'ala del casale, mentre i due furtivi erano
giunti a contorcersi sul pavimento, provando per tutto il tempo le
pene dell'inferno. Quando finalmente il silenzio liberò l'area da quel bardico sortilegio, di Astolfo non vi fu comunque alcuna traccia. Giù in salone, intanto le guardie del casale giunsero
nella sala dove attendevano i restanti tre esploratori, e decisero saggiamente di non opporsi alla presenza delle Gilde, almeno finché il
proprio signore fosse fuori da ogni pericolo.
Per tutto il tempo Amanda era rimasta immobile e pensierosa nella sala. Quando la caccia all'uomo si concluse con un nulla di fatto, non fece domande su ciò che era avvenuto. Troppe Gilde erano coinvolte, per quella che era una vera e propria missione organizzata da Palazzo Biancofiore e coordinata dai pericolosi maghi.
Molti dubbi, però, ancora l'attanagliavano. Era inquieta soprattutto per il fatto che non fosse stata coinvolta l'Inquisizione, e ciò faceva pensare alla volontà di probabili maghi esoterici d'intrappolare in segreto il demone per utilizzarne i poteri.
Quanto alla fuga di Astolfo, la Maestra sapeva che egli aveva preferito divenire invisibile in laboratorio, invece che in sala da cui avrebbe potuto scappare direttamente nelle campagne, poiché aveva dato priorità al recupero dei suoi beni più preziosi. Tra questi vi doveva essere il Fiore dell'Alba da lei raccolto.
Molti dubbi, però, ancora l'attanagliavano. Era inquieta soprattutto per il fatto che non fosse stata coinvolta l'Inquisizione, e ciò faceva pensare alla volontà di probabili maghi esoterici d'intrappolare in segreto il demone per utilizzarne i poteri.
Quanto alla fuga di Astolfo, la Maestra sapeva che egli aveva preferito divenire invisibile in laboratorio, invece che in sala da cui avrebbe potuto scappare direttamente nelle campagne, poiché aveva dato priorità al recupero dei suoi beni più preziosi. Tra questi vi doveva essere il Fiore dell'Alba da lei raccolto.
“Irina, - disse Amanda più tardi alla sua compagna - sei per me un'amica preziosa ed affidabile, mi farebbe piacere se mi
accompagnassi”.
“Ma
certo Maestra, vi accompagnerò a Barium se vi sentite più sicura con me al fianco”.
“Non
solo a Barium, dove dovrò render conto della mia missione e dei suoi
risvolti. Vorrei che venissi con me in una nuova ricerca”.
Irina
annuì determinata, non sapendo ancora che l'invito l'avrebbe coinvolta in una rischiosa caccia al vampiro.
D'altronde Amanda aveva un patto da rispettare, e non avrebbe potuto
fare altrimenti. Questa era la sua natura, sebbene celata.
Tutti i diritti riservati da Giovanni Tortora. Vietata la copia integrale o parziale del testo.
Per leggere questo libro dal principio, segui il link al primo capitolo "Incontro al Buio".