domenica 3 settembre 2017

CdT 1x06 - Il Fiore dell'Alba

6 – Il Fiore dell'Alba





Mai bere dalla coppa di un alchimista
detto popolare



“Non credo che voi, Maestra De'Zaffiri, siate all'altezza del compito che dovrete affrontare!”.
Nella sala principale del suo palazzo, il barone di Nux, Giangiacomo Ossalunga, aveva osato offenderla direttamente e gratuitamente, subito dopo le formali presentazioni. Grasso e con una barba crespa, il nobile aspettava impettito una reazione di Amanda.


Rabbia e risentimento vorticavano in quel momento nella testa della dignitaria della Gilda degli Alchimisti. La placida Stregona Bianca, Marialba Castagnari, l'aveva inviata in quel borgo di 'barbara campagna' a sud di Barium, e adesso i suoi pregiudizi trovavano una triste conferma.
“Dovevo aspettarmi una tale mancanza di grazia”, pensò Amanda, che deglutì e strinse le mani sulla gonna della sua elegante veste autunnale, giusto il tempo di scaricare quelle emozioni che, se avessero avuto sfogo nelle sue parole, avrebbero potuto creare un incidente prima ancora dell'inizio della sua delicata missione.
“Non sottovalutate mai una sapiente delle Gilde, gentile Barone di Nux”, disse incrociando le braccia e sperando che l'attribuzione di gentilezza non risultasse forzata quanto lo fosse nella sua mente. “Vedrete – continuò - che sono qui per mostrare ciò che l'estraneo allo studio non può ancora immaginare”.
“Il vostro studio può essere mirabile quanto vi pare – rispose burbero il Barone Ossalunga – ma permettetemi di dirvi il motivo per cui il vostro sarà di certo un suicidio. Prima di tutto siete una alchimista, e non credo che siate al contempo una maga. Siete dunque poco avvezza all'azione pericolosa, con la vostra vita passata in laboratorio”. A quelle parole Amanda abbassò lentamente il capo e coprì delicatamente il viso con la sua mano destra, per reprimere quello che oramai dentro di lei era divenuto un vulcano pronto ad esplodere.
“E in secondo luogo – concluse il panciuto Barone – siete femmina, gracile e troppo ripulita per quello che vi aspetta”.
La Maestra si bloccò sul posto come una statua, mordendosi le labbra leggermente quanto nervosamente. Quindi riaprì lo sguardo ricomponendosi, per guardare negli occhi il Barone e rispondere con tutta la calma che riuscì a conservare, aggiunta ad un ritmo ed una velocità del discorso che lo resero continuo quanto immune alle interruzioni:
“Barone Ossalunga, – disse - quella che mi porgete non è affatto la cordialità con la quale, solitamente, la nobiltà del Tacco accoglie i Maestri di Palazzo Biancofiore, per giunta in missione. Capisco che abbiate fornito alla mia Gilda informazioni interessanti. Conosco anche del credito che voi vantate per il vostro servigio, sebbene la sua entità non sia stata ancora quantificata. Le anticipo però che la richiesta di una pozione di Gloria Vitae sarà possibile solo qualora dalla Pianta dell'Alba germogliassero almeno tre o quattro fiori, cosa quantomeno improbabile.
Detto questo, veniamo velocemente alle sue critiche. Sono una Maestra, e questo dovrebbe farle intuire che le missioni mortali fanno parte della mia quotidianità. Sono un'alchimista, e questo significa che nella mia borsa vi sono misture portentose e dal valore forse più alto dell'intera vostra dimora. Le confermo che, grazie ai miei 'intrugli', la mia gracilità è solo temporanea.
Ed infine, sì, sono una femmina, e questo mi rende l'essere più indistruttibile del mondo, laddove di femmine che valgono più della vostra militia ne sono piene le Gilde: una femmina è la mia Stregona di riferimento, e femmina è la nostra stessa Capogilda, Clotilde Biancavela. E infine vi faccio notare come vi siano femmine qualunque che abbiano dimostrato una forza da giganti in questo mondo, a partire dalla vostra genitrice che lo ha ampiamente dimostrato mettendo al mondo un grassone spocchioso come voi!”.
Quando Amanda finì di parlare, notò come le guance del Barone fossero divenute rosse, e di questo ne fu compiaciuta. “Esca dalla mia dimora questa Maestra e non vi faccia mai più ritorno!” tuonò l'Ossalunga lasciando la sala, furioso.
“Bene, - pensò la Maestra, sorridendo - dovrò trovare una guida fidata al più presto, e mi auguro sia femmina”.



***


A metà strada tra Nux e Tarentum, nella foresta delle Alte Piane, il sole tramontava delicato oltre le chiome dei grandi alberi. Sotto di esse Amanda percorreva a cavallo un sentiero, assieme alle sue nuove compagne di viaggio.
“Ci dobbiamo affrettare, Maestra”, incalzò Irina Sasso, la sua guida dei Guardiaboschi delle Murge, “vi sono tracce di bestie feroci in zona”. 
Sul destriero di Irina viaggiava anche Sorella Brionia, una druida piuttosto magrolina, benedetta dalla Dea della natura, Tessa. “Forse è così asciutta perché non mangia carne... - pensava tra sé la Maestra – Spero si regga in piedi almeno fino al termine della nostra missione. Sarà solo in quel momento che ci servirà realmente”.
Proprio quando la luce del giorno cominciava a lasciar spazio alla cupa notte, la Guardiaboschi fermò la sua marcia e, arco in spalla, scese da cavallo. “Secondo la mappa che mi avete consegnato - disse - - il vostro obiettivo, la Pianta dell'Alba, dovrebbe essere proprio da questi parti. Auguriamoci sia in fiore”.
“Presto potremo averne conferma” disse lapidaria Amanda, irritata dal lungo viaggio sostenuto. Per giungere a destinazione prima del calare del sole erano dovute partire in piena notte da Nux.
Accendendo alcune torce, esplorarono la zona in lungo e in largo, e molte volte la Maestra si fermò a cogliere un fiore particolare o delle foglie da alcuni lecci che dominavano quel bosco.
Ad un certo punto si fermò di fronte ad una piccola quercia. “Eccola!” esclamò dopo aver notato alcune sue foglie dorate. La druida le si avvicinò e cominciò a pregare ringraziando la sua Dea.
Irina, che perlustrava un sentiero distante dall'albero, corse per osservare finalmente il prodigio, ma ne rimase visibilmente delusa, notando come avrebbe facilmente scambiato il segno divino per una malattia della pianta. Amanda fece finta di nulla e controllò sui suoi rami. “Ed ecco un germoglio! - ella disse - Siamo arrivate giusto in tempo!”.
Il germoglio era costituito da quattro grandi petali, tre verdi ed uno dorato, che si avvolgevano quasi in un tenero abbraccio.
“Possiamo accamparci sotto la Pianta dell'Alba - disse la Guardiaboschi - e saremo più al sicuro se accenderemo un fuoco qui vicino”. Quindi si mise subito al lavoro: creò un cerchio con delle pietre e vi incrociò della legna all'interno; preparò subito dopo una tenda con la stoffa arrotolata del suo zaino e con dei rami. 
Nel frattempo Amanda aveva preso dalla sua borsa due piccoli volumi e si era seduta elegantemente ai piedi dell'albero. Accese una candela e mentre leggeva i suoi appunti da un libretto, disegnava e prendeva nuove note sull'altro. La druida, sebbene i pericoli della sera, volle approfittare per fare una piccola passeggiata, confermando alla Maestra la sua convinzione che fosse una perditempo.
Più tardi le tre compagne si ritrovarono finalmente di fronte al piccolo fuoco acceso. Irina riscaldò leggermente della carne secca, che porse alle altre. Sorella Brionia, con stupore di Amanda, accettò di buon grado l'offerta, che però accompagnò con alcune bacche raccolte durante la sua breve camminata.
“Maestra, - Irina ruppe il silenzio, mentre consumava il suo pasto - si dice che da questo fiore sia possibile realizzare la pozione di guarigione più portentosa”.
Il fatto che la sua guida avesse parlato a bocca quasi piena fece arricciare il naso di Amanda. Controvoglia e dopo essersi pulita la bocca con un delicato fazzoletto, le rispose:
“V'è del vero. Questo fiore è uno dei due componenti più potenti di bianca stregoneria”. S'interruppe, e constatò con noia che Irina la stava osservando dritta negli occhi, adesso più ingorda di apprendere che di continuare ad addentare la sua carne secca. “E quale sarebbe l'altro, mia signora?” le chiese ancora.
Amanda guardò in basso, annoiata, quindi fece un sospiro:
Di fronte ad un caldo fuoco notturno è di solito la brava gente delle foreste, come voi Guadiaboschi, che narra storie e spiega i misteri della natura. Ma in effetti, prima di narrarli, certi racconti bisogna averli sentiti da qualche parte, altrimenti si tratterebbe di fandonie al pari di quelle narrate dai folletti. Vi risponderò, ordunque: l'altro componente altrettanto potente è la piuma di una vera fenice. Puoi adesso comprendere, quindi, l'importanza della nostra missione”.
“Un fiore potente quanto una piuma di fenice... – rifletté Irina - Che strano però che non conosca alcuna leggenda a riguardo”.
“Oggigiorno è alquanto dimenticata”, rispose l'alchimista, che assunse quella sua sicura inflessione didattica che normalmente riservava ai suoi giovani adepti. “Pare sia passato più di un secolo da quando l'ultimo fiore del genere sia stato ritrovato. Ho raccolto molte informazioni dai nostri libri e da alcuni testi di cantastorie conservati nella ricca biblioteca della Gilda dei Bardi. Ti spiegherò infine che questa missione mi è stata affidata per due motivi: il primo è che, in cento anni, di segnalazioni simili ne abbiamo ricevute molte dai nostri gildani, senza che mai alcun germoglio trovato fosse fiorito”.
“E il secondo?” incalzò Irina.
“Il secondo – rispose Amanda tenendo il suo naso all'insù - è che per esperienza floristica e per strumenti in possesso sono forse la Maestra del Tacco più adatta per questo compito. Solo i nostri Granmaestri Stregoni o la Capogilda in persona ne sarebbero all'altezza, nel caso la missione portasse realmente alla raccolta di un Fiore dell'Alba”.
“Ah, immagino” disse Irina con sufficienza, poco colpita dalle ultime affermazioni della dignitaria e in questo urtando il suo orgoglio. “Ma qual è la storia di questo Fiore dell'Alba, che non appare da più di un secolo? E chi avrebbe potuto riconoscere l'albero in questa zona, se noi Guardiaboschi non ne eravamo a conoscenza?”.
“La storia è abbastanza semplice, ma potrebbe narrarla Sorella Brionia, se almeno volesse rendersi utile in qualcosa in questa giornata”.
Sorella Brionia non sembrò punta dalle parole di Amanda, e con una vocina timida, cominciò a spiegare: “Durante la leggendaria guerra degli Dei, che portò la Dea Sastria a regnare i cieli sopra le nostre teste più di mille anni or sono, Tessa e Tara appoggiarono dal principio la causa della Madre. Tessa, in quanto sorella maggiore e Dea della Natura, volle suggellare la loro unione d'intenti con un dono, un fiore che la Dea Fanciulla benedisse a sua volta. Il tutto avvenne all'alba e da quel giorno, una volta ogni venti anni, quel patto è stato rinnovato su di una pianta del Granducato che diviene dorata nei giorni precedenti al prodigio. La nascita pare sia accompagnata dall'apparizione di una sacra fiera di Tessa, richiamata dalla Dea per proteggere la nascita del fiore benedetto”.
“E questo fino a cento anni or sono! – interruppe la Maestra - Chi ha rintracciato questa Pianta, comunque, deve essere stato qualcuno molto esperto di storia e alchimia. Ma non so chi ne sia tanto capace in queste terre. La Gilda mi ha inviato qui su segnalazione del Barone di Nux, ma chi l'abbia detto a lui, francamente lo ignoro”.
Irina rimase molto perplessa all'udire queste ultime informazioni. Quindi pensò ad alta voce: “Non c'è un Maestro vero e proprio di alchimia in queste contrade. Vi sono alcuni alchimisti che voi riterreste mediocri... a meno che non si tratti del padre del Barone Ossalunga...”.
“Credevo che il padre del grasso Barone fosse morto, avendo lui il governo di quelle terre...”.
“Affatto, – rispose la Guardiaboschi - la vera baronessa fu la defunta madre di Giangiacomo. Il suo vecchio padre, che ora vive chissà in quale casale, è stato da giovane un Maestro di Gilda, se non ricordo male lo era proprio degli Alchimisti. Se così fosse, perché non avrebbe colto il fiore da solo?”.
“Perché sicuramente non possedeva questo”, disse Amanda mostrando dalla borsa un pregiato falcetto d'argento intarsiato di gemme. “Dobbiamo stare attente” dissero entrambe contemporaneamente. La druida le guardò perplessa.




***


Di tutte le mirabili o incredibili cose che si aspettava quella notte, quella di avere come ospite al loro fuoco il padre del barone Ossalunga era fuori di qualsiasi loro previsione.

A poche ore dall'alba l'uomo era giunto dalla foresta, solo e ben visibile, con in mano una lanterna e tirando un bianco destriero. Era coperto da un mantello, al di sotto del quale mostrava delle raffinate vesti da viaggio fatte di cuoio e seta nera ricamata con un filo dorato. Ma ancora più strabiliante era il suo volto, giovane come quello di un ventenne, con un ciuffo scuro che usciva dal cappuccio e due baffi ben curati che ornavano un viso stretto ma cordiale.
Quando l'uomo si era avvicinato al loro campo, Irina si era subito alzata dal bivacco, svegliando le due compagne mezze assopite. La Guadiaboschi aveva incoccato il suo arco prendendo di mira lo straniero. L'alchimista, subito svegliatasi, aveva preso dalla borsa una piccola fiala. La druida sembrava invece impaurita, e osservava la scena senza muoversi dal suo giaciglio di fronte al piccolo fuoco.
“Chi sei?” urlò Irina quando l'uomo tentò di avvicinarsi a loro.
“Sono un amico che vuole mirare di persona la sacra nascita del Fiore dell'Alba”, disse l'uomo aprendo le braccia per mostrare la sua buona fede.
“Non hai risposto alla mia domanda, e il mio arco non sarà in tensione a lungo”, ribatté la guida.
“Calme signore, per cortesia! – egli disse avvicinandosi ancora un po' e mostrandosi alla luce del fuoco – sono Astolfo Bramante, padre del cocciuto Barone Ossalunga. Mi è dispiaciuto del diverbio, e non ho avuto modo di porgere in tempo le dovute scuse e di chiedervi di accompagnarvi nella vostra missione. Posso legare il mio cavallo con i vostri, così da discutere con più facilità?”.
“Se compirai una mossa sbagliata, sarà la tua ultima su questo mondo”, disse Irina.
“Lo farò con molta grazia, dunque” disse l'uomo mostrando un affabile sorriso.
Durante tutto il dialogo, Amanda era rimasta sconcertata. Quella strana figura si presentava troppo cordiale per esser onesto. Inoltre la sua età mostrava la grande menzogna della sua identità. Avrebbe potuto essere al massimo il fratello del Barone, più probabilmente quello minore.
Quando infine giunse al fuoco, l'uomo elegante chiese gentilmente di potersi sedere. A rispondere per prima fu Brionia: “Prego signore – disse con un sorriso – a nessuno si nega un po' di calore nelle gelide notti di questa stagione”. Amanda si chiese ancora una volta perché l'avesse portata con sé.

Una volta accomodatosi, lo straniero ci tenne a chiarire tutto ciò che potesse sembrare travisabile: “Innanzitutto mi scuso per aver disturbato la vostra pace. Sinceramente non ho immaginato modo più innocuo di avvicinarvi a voi. Ho preferito anche dirvi subito il mio nome, senza dover aprire la nostra conoscenza con una menzogna. Avrete pensato che il mio giovane volto mi stesse tradendo, e ne avete avuto tutte le ragioni. Spesso anch'io dimentico come appaio, soprattutto da quando ho avuto l'enorme fortuna di elaborare e provare un elisir della giovinezza. - dicendo questo Astolfo fece di nascosto un occhiolino alla Maestra degli Alchimisti – E in effetti non esco molto volentieri dalla mia dimora, se non per escursioni di notevole interesse, come questa che stiamo oggi vivendo”.
Irina chiese maggiori dettagli sul viaggio da lui intrapreso, per capire se fosse stato veramente capace di compierlo tutto solo.
Amanda invece aveva percepito qualcosa di stranamente familiare nell'uomo di fronte a lei. Poi vi era stato quell'occhiolino durante l'affermazione sull'elisir della giovinezza. Normalmente si sarebbe subito mossa accusandolo di essere un bugiardo, un impostore, poiché in tutta la sua Gilda si stava ancora studiando come realizzare una mistura così leggendaria. Invece era rimasta impassibile, come se tutto ciò fosse credibile, poiché quel gesto confidenziale poteva perfino significare che lui conoscesse il suo segreto, e questa possibilità la turbava non poco.
Mentre Amanda rifletteva se intervenire o meno, il Bramante prese a narrare di come avesse letto su di un vecchio testo di alcuni ritrovamenti di Piante dell'Alba avvenuti prima dell'anno mille di Sastria e proprio in quella zona. Aveva cercato per mesi, fino a scoprire l'albero speciale del quale aveva scorto le sue foglie indorarsi, una decina di giorni prima. Sapeva però di non avere i mezzi appropriati per raccoglierlo di persona: ecco perché aveva chiesto aiuto ai sapienti di Palazzo Biancofiore.

Mentre Astolfo parlava, all'improvviso vi fu una scossa del terreno. La foresta sembrò vibrare, ed un vento gelido soffiò su di loro, spegnendo il fuoco. Nel buio quasi totale, un lieve pioggerella cominciò a cadere oltrepassando il riparo delle fronde degli alberi.
Irina scattò per prima, sguainando un pugnale custodito sotto la sua veste e indirizzandolo agli occhi del loro ospite. “Dimmi che questo non è un tuo trucco” gli intimò.
“Non è un mio trucco” rispose calmo lui.
“È un vento sacro donato dalla Dea, con acqua del cielo per depurare i nostri spiriti” disse Brionia. Quindi si prostrò in preghiera ponendo le sue braccia aperte sul terreno.
“Ci siamo” pensò Amanda, supponendo che, lì nella folta selva, fosse più difficile percepire l'inizio dei chiarori del giorno. Si guardò intorno, attenta per la venuta della fiera di Tessa. Finalmente la druida sarebbe servita a qualcosa.
L'attesa non durò a lungo. Dei passi pesanti, talmente forti da fare tremare la terra, giungevano di fronte a loro. Da lontano comparve una creatura dall'aspetto di un enorme leone.
Man mano che si avvicinava a loro, però, la visione si tramutò da mistica a terrificante.
Delle strane lucciole danzavano intorno alla bestia, ma se ne tenevano a distanza. Essa aveva infatti lembi di carne putrefatta che le coprivano il muso, ed era sporca di sangue e terra. Il ventre era aperto, e da questo fuoriuscivano alcuni lembi d'intestino marcescente. Più vicine delle lucciole, erano le mosche a ronzargli intorno.
Tutti rimasero ammutoliti, e quando sotto la pioggia crescente quel mostruoso leone si avvicinò ancora, l'unica a proferir parola fu Brionia, oramai seria quanto preoccupata. Ella gridò: “Madre della Natura, Signora dei Boschi e Vento sui Mari, ascolta la mia preghiera! Noi siamo i frutti della tua benevolenza, e portiamo i semi di un armonioso futuro. Il mio spirito ti ha spesso invocato, ma mai come oggi ti chiede il più grande dei miracoli, quello che congiunge i tuoi doni a quelli della Dea Fanciulla, per rendere ciò che è vivo ancora più rigoglioso!”.
A quelle parole la bestia fermò il suo passo, poi ruggì con tanta ancestrale forza da scaraventarli tutti indietro di almeno tre passi. Nella loro mente udirono queste parole, pronunciate da una macabra voce che per alcuni secondi sostituì il rumore della forte pioggia: “Non vi è vita senza morte, questa è la sacra legge della Natura, che i mortali celano ai loro fragili cuori!”. Il rombo lontano di un tuono li fece tornare in sé, coscienti sotto un temporale di emozioni.
Amanda era più che sconvolta. Era accovacciata vicina a Brionia. La druida giaceva inerme ma qualcosa d'inquietante le stava accadendo: la Maestra vide infatti come la compagna si stesse pian piano trasformando. Un po' alla volta la mano che fuoriusciva dalla sua veste si stava ricoprendo di un manto color arancio per divenire una vera e propria zampa. Il suo volto si allungò ed assottigliò, i suoi denti si tramutarono in piccole zanne, i suoi occhi divennero anch'essi color arancio. Fuoriuscita dalla sua veste, Sorella Brionia era adesso una piccola volpe, che lentamente e a capo chino si avvicinava alla creatura marcescente.
La fiera aspettò che la volpe le fu vicina per lanciare un nuovo agghiacciante ruggito. La volpe non si mosse di un passo, quasi protetta da una mistica aura. Nel profondo silenzio che avvolgeva la scena,  la fiera bloccò con una zampa la piccola volpe e cominciò a divorare le carni del suo addome. Un nuovo fulmine, caduto non lontano dalla scena, la illuminò quel tanto da raggelare il sangue di chi vi era intorno. 
Irina incoccò veloce l'arco, ma fu bloccata da Astolfo che le disse: “Questa è morte che si nutre di vita, e spezza un sacro legame millenario per un motivo a noi ignoto. Vuoi anche tu fare la fine della volpe, per caso? Mi sembri più furba!”. Sul viso di Irina apparve una lacrima mentre, con il cuore spezzato, gli rispose: “Brionia non merita questo. Questa non è giustizia divina!”.
“Nell'oscurità della morte tutto è destinato al silenzio, anche il grido di giustizia” sentenziò lui, abbassando l'arco della Guardiaboschi.
Nel frattempo Amanda era rimasta a guardare la macabra scena con gli occhi sgranati. Quando la bestia parve giungere al termine del suo terribile pasto, la Maestra si sentì prendere per un braccio. Era Astolfo che la stava portando vicino al germoglio. Ritrovando un po' di lucidità, Amanda prese il suo falcetto pregiato dalla borsa e si preparò al delicato taglio. Di fronte a lei scoprì con stupore che il fiore che si era appena aperto aveva sì tre petali verdi, ma il suo quarto era nero, invece di essere bianco. La Maestra, timorosa, lo raccolse e lo custodì in un piccolo scrigno d'argento.
“Non capisco...” disse sovrappensiero.
“Vi sono troppe cose che dovremo chiarire dopo questa notte”, le rispose Astolfo.
Stanca e confusa, con i capelli e le vesti bagnate, Amanda cercò con lo sguardo le sue compagne. La druida era tornata umana, e giaceva sul terreno, nuda e con il ventre squartato. Non troppo distante anche la Guardiaboschi era distesa per terra, priva di sensi o forse morta. Dell'orribile leone, però, non vi era più traccia.
“È tempo che tu mi segua alla mia dimora, sorella demone”, disse lui muovendo la propria mano lungo un invisibile arco, di fronte al suo viso. Amanda cadde sul posto, addormentata.



Tutti i diritti riservati da Giovanni Tortora. Vietata la copia integrale o parziale del testo.
Prossima capitolo: "CdT 1x07 - L'uomo dai due volti"
Per leggere questo libro dal principio, segui il link al primo capitolo "Incontro al Buio".