domenica 27 agosto 2017

CdT 1x05 - All'ombra del Leprecauno

5 – All'ombra del Leprecauno



“Contro il freddo può bastare una coperta”

detto popolare



La Taverna del Leprecauno era in realtà un vero e proprio casale al confine tra l'agro di Vigiliae e quello di Curati, costruito lungo la via della transumanza. Il suo proprietario era Beppe de' Valenti, uomo cordiale e dalla soffice barba grigia. Da giovane Beppe aveva viaggiato fino alle terre più settentrionali di Edreia, giungendo alla leggendaria isola di Nolavia. Lì aveva conosciuto, chissà se di persona, quel folletto chiamato Leprecauno: infido e dal rosso pelo, le storie di quell'essere fatato erano spesso richieste dai suoi ospiti. D'altronde che il miglior rosso avesse gettato il padre nel pozzo era un detto comune nella Contea Ofantina, e gli avventori associavano scherzosamente il folletto di Nolavia a questa credenza. Ma Beppe era soprattutto rinomato per la sua ospitalità e la sua discrezione. 


Da alcuni giorni l'ex-Maestro della Gilda dei Guerrieri, Fulvio Filiberti, e la maga Clelia Ametista pernottavano presso il casale. Da quel luogo riparato il guerriero aveva affidato a un esploratore di passaggio un messaggio indirizzato al Maestro Tilion, e lì ne attendeva una risposta.
Nell'attesa Fulvio passava le sue giornate tra i campi, allenandosi e schermando con i viaggiatori impauriti di passaggio, o con alcuni giovani ed energici contadini giunti dalle campagne per trovare protezione o informazioni sulla bassa nebbia. Clelia invece passava la maggior parte del tempo a fissare l'orizzonte e il cielo sopra di esso.

Il trauma vissuto dalla maga aveva inizialmente ostacolato la nascita di una spontanea amicizia con l'uomo che l'aveva tratta in salvo. Il giorno nefasto del loro primo incontro, infatti, Clelia non aveva proferito parola, e Fulvio aveva dovuto trascinarla quasi di peso lontano da quella nebbia malefica, avanzando e combattendo fino al tramonto con alcuni cadaveri risvegliatisi dalla terra.
Giunti al Leprecauno il guerriero aveva dormito profondamente per tutta la notte. All'alba si era alzato ancora indolenzito, e aveva ritrovato la maga nella sala principale, sveglia e con le vesti ancora sporche di terra. Non curandosi di lui, Clelia gli aveva passato la pergamena che attestava la sua appartenenza alla Gilda dei Maghi, per tornare assorta nei suoi pensieri. Per alcuni giorni tra loro non vi fu che silenzio.
Ma al terzo giorno di permanenza presso il casale, Fulvio aveva insistito per una chiacchierata, offrendo un bicchiere di vino alla donna e chiedendo spiegazioni su cosa avesse visto e perché si fosse trovata, priva di sensi, in quella foresta.
“È una storia oscura.", aveva risposto lei, con voce roca e sguardo basso. "Quando avrò la forza di affrontarla a voce alta, sarai forse il primo a cui la racconterò”.
Da quel giorno era passata più di una settimana, e tra loro vi erano stati brevi colloqui solo in occasione dei pasti. A parlare era soprattutto Fulvio che, di fronte alle loro zuppe calde di legumi, raccontava alcuni aneddoti del suo passato.
Inaspettatamente un mattino, mentre si preparava per i suoi esercizi di scherma quotidiani, Clelia si avvicinò per parlargli:
“Fulvio, ti devo molto, e senza il tuo aiuto prima, e la tua comprensione dopo, non sarei sopravvissuta al grande smarrimento che mi tormenta. Non posso far ritorno in Gilda, poiché sono certa che mi volessero morta, assieme ai miei compagni di missione. Inoltre non mi fido di un Maestro Esploratore, anche se tuo amico, ma mi fido di te. Ti chiedo solo di starmi accanto finché questa storia assurda non sarà chiarita”.
Il guerriero fu stupito da tanta, improvvisa intimità. Aveva voglia di sdrammatizzare, come spesso faceva quando era imbarazzato, ma capì di essere adesso l'unica sua ancora, l'unico antidoto al suo triste silenzio. “Clelia – disse prendendo una sua spada con entrambe le mani e appoggiandone la punta dolcemente sul terreno – giuro sul mio onore che la mia lama è al tuo servizio e mai tradirò la tua fiducia”.
Clelia parve bloccarsi di fronte a tale giuramento. Poi alzò la manica mostrando sul suo braccio una lunga scarnificazione nera a forma di serpente, la cui lingua biforcuta giungeva fino al suo polso: “Ho il dovere di mostrartelo – disse con voce rabbuiata -, prima che tu faccia una promessa così solenne”.
“Avevo intravisto la sua lingua uscire da sotto la tua manica, e credevo fosse un tatuaggio. Ma non mi spaventa. Non sarà un serpentello ad ostacolare la tua difesa. Sarà meglio per lui se sarà dalla nostra parte” disse Fulvio mostrando un largo e scherzoso sorriso.
Clelia avanzò di un passo, per poi stringere in un forte abbraccio l'uomo di fronte a lei. E finalmente pianse con tutto il suo cuore.


***


Nel pomeriggio giunse, portata da un esploratore a cavallo, l'attesa lettera di risposta di Tilion. Fulvio la volle leggere assieme alla maga:


Amico caro, ti ringrazio per avermi aggiornato sulle vicende che hai vissuto. 
Avevo appena messo piede a Vigiliae, e stavo per raggiungerti presso il tuo riparo, quando un imprevisto mi ha portato altrove.
Non potremo quindi vederci dove e come avevamo concordato. Forse però potrei aver bisogno di te per alcune importanti faccende. Tieniti pronto, un mio adepto verrà presto ad indicarti la via. Nel frattempo la donna potrà riposare. Mi piacerebbe parlarci presto.
Ars Longa Vita Brevis”.


Una volta conclusa la lettura, Fulvio pensò tra sé. Dopo alcuni secondi disse: “Adesso però t'introduco Tilion per come l'avrebbe letta”, e ricominciò pronunciando ogni “r” come “v”.
A Clelia, che inizialmente era alquanto turbata, cominciarono a sfuggire sorrisi man mano che la recitazione diveniva sempre più marcatamente grottesca.
Compiaciuto d'aver concesso alla maga un momento di gioia, Fulvio aggiunse: “Bene, a breve dovrò quindi partire, ma tornerò presto ad onorare la mia promessa”. Clelia strinse gli occhi pensando al testo della missiva, quindi chiese: “Da quanto ho compreso, è in corso una missione ben studiata. Quando ci incontrammo nella foresta invasa dalla bassa nebbia, era perché seguivi i maghi per conto della Gilda degli Esploratori?”.
Fulvio annuì guardandola negli occhi. Lei si chiuse ancora nei suoi pensieri.
“Forse – disse il guerriero spezzando il silenzio – sarebbe meglio se tu usassi un altro nome per un po'. Che ne dici di Clara?”
“È quantomeno odioso” rispose Clelia, parecchio seccata. “Preferisco Notturna”.
L'acidità espressa nella risposta della sua nuova amica fu presa da Fulvio come un ottimo segno di una ritrovata reattività.
“Mi piace anche Notturna”, disse facendole un occhiolino.


***


Era sera, alcuni giorni più tardi, quando un animato battibecco interruppe l'armoniosa pace della taverna. Clelia si affacciò dalla sua stanza per vedere cosa stesse succedendo, e la scena le parve alquanto patetica.
Un giovane e alticcio avventore, infatti, esigeva dal locandiere da bere. Il ragazzo era magro e parecchio alto, con un viso largo ed ingenuo, vestito con una tunica scura fatta di un tessuto scadente. Beppe, dall'altro lato del suo bancone, aveva incrociato le braccia e cercava, quando il giovane gli dava la possibilità di parlare, di spiegargli che aveva già bevuto troppo. Seduto al fianco dell'infervorato vi era Fulvio, che lo aizzava tra una divertita risata e l'altra.
"Tu non sai - urlò ad un certo punto il ragazzo - che diverrò un grande e potente negromante e ti cercherò per questo affronto!"
Per alcuni secondi un incredulo silenzio riempì la sala. Fu interrotto però da una fragorosa risata di Fulvio, seguita da quelle degli altri avventori presenti ai tavoli.
"Potrai diventare anche il Granduca - rispose Beppe, visivamente seccato - ma oggi hai bevuto abbastanza, e dalla mia locanda non riceverai altro!".
"Mio amico fraterno - disse sorridente il guerriero al ragazzo, poggiando la sua grande mano sulla sua spalla - il buon Beppe ha in fondo ragione: hai bisogno di una piccola pausa o ti avvelenerai! Perché non mi racconti la tua storia? Potresti trovare in un bel racconto l'antidoto che ti porterà forse ad un ricco premio, da me offerto!".
Il ragazzo girò lentamente lo sguardo verso Fulvio, con aria confusa quanto perplessa. Quindi rispose: "Ah, la mia storia? Bene! Mi chiamo Dracano, ho vissuto quattordici primavere e vengo da Barium per vedere con i miei occhi i cadaveri viventi!"
"Beh, non ne sei molto distante... anche se Barium ne è altrettanto ricca!", disse ironico Fulvio, seguito dalle risate degli astanti, alcuni dei quali adesso circondavano gli interlocutori.
"Tu scherzi? Voi ridete? - gridò Dracano - Ma quando sarò un grande mago oscuro e il Dio della Morte mi accoglierà tra i suoi servitori, tremerete prima di bruciare tra le mie fiamme nere!" e rise adesso lui, di gusto, prima d'esser interrotto da un sonoro schiaffo che zittì tutti i presenti.
A colpirlo era stata Clelia che, inizialmente irritata dalla situazione, si era avvicinata al bancone. Udendo le ultime parole del ragazzo, però, era divenuta furiosa, e dopo aver colpito il giovane, urlò ancora colma di rabbia: "Adesso basta! Un'altra sconsiderata parola e te la dovrai vedere con la mia, di magia! Come può uno zoticone come te, senza alcun controllo né formazione, proferir tali nefaste invocazioni? L'oscurità è quell'offerta fatale che relega la gioia all'oblio! E voi - rivolta agli astanti - che vi approfittate di tale ingenuità, non siete migliori delle bestie che divorano i propri pargoli!".
I più tornarono ai tavoli, delusi che tale ilare frangente fosse stato così bruscamente interrotto. Dracano, da par suo, rimase immobile e frastornato da tali parole, mentre Fulvio sembrava visibilmente imbarazzato.
"Se vuoi delle nozioni sulle basi di magia arcana - disse infine Clelia, con tono più calmo - non disturbarmi più con la tua chiassosa stupidità! Se sei capace di leggere e scrivere, procurati invece delle pergamene e dell'inchiostro: da domani mattina farai l'unica cosa utile nella tua vita: studiare!". Dracano annuì con occhi bassi.
Non appena Clelia fu tornata nella sua stanza, Fulvio disse sottovoce: "Per fortuna Maestra Notturna non ha avuto in mente di far studiare me!" e rise ancora. Dracano, dopo aver inteso la battuta, gli chiese: "E tu cosa farai mentre noi studieremo la magia?".
"Mi allenerò di giorno, e berrò di notte... sì, io posso farlo! Ahahah". E mentre brindava con il suo prezioso calice di vino, pensava: "finché la sorte non mi chiamerà ancora alle sue sfide, sotto forma di seguace di Tilion".

La sorte bussò alla sua porta il mattino seguente.





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Prossimo capitolo: "CdT 1x06 - Il Fiore dell'Alba".

Per leggere questo libro dal principio, segui il link al primo capitolo "Incontro al Buio".